Il poliziotto è marcio (1974) è sceneggiato da Fernando di Leo su soggetto di SergioDonati. La fotografia è del solito Franco Villa e il montaggio del fido Amedeo Giomini.Le musiche sono del collaudato Luis Enriquez Bacalov e le scenografie diFrancesco Cuppini. Producono Galliano Juso e Ettore Rosboch perCinemaster/Mount Street Film (Roma) e Mara Film (Parigi). Distribuisce uncolosso come Titanus. Interpreti: Luc Merenda, Richard Conte, Delia Boccardo,Raymond Pellegrin, Salvo Randone, Gianni Santuccio, Vittorio Caprioli, RosarioBorrelli, Monica Monet, Gino Milli, Elio Zamuto, Loris Bazzocchi, Marcello DiFalco, Massimo Sarchielli, Marisa Traversi e Sergio Ammirata.
Il protagonista è il giovane poliziottoMalacarne (nome che è tutto un programma) della questura di Milano, che datempo riceve mazzette dai boss Mazzari e Pascal attivi nel contrabbando disigarette e caffè. Il regista presenta subito alcune scene crude e realistiche chedocumentano scontri tra malavitosi per il predominio nel mercato della droga. Ilboss Pascal scatena i suoi uomini e ordina di uccidere i rivali con bastonate ecolpi di mitragliatrice, fino a eseguire una vera e propria strage in uncapannone. Entra in gioco il commissario e alcune scene di azione documentano ilsuo impegno per sconfiggere il traffico di droga. Assistiamo a una fuga dicriminali, un ottimo inseguimento da poliziottescoclassico e infine a un’eroica cattura eseguita da Malacarne. L’incipit è dacinema poliziesco, sono degni di nota gli inseguimenti per le strade di Milanoe sui navigli, a base di frenate, sterzate, collisioni, auto affiancate esperonate. Malacarne è un uomo nelle mani della mafia, pure se viene presentatocome un eroe quando cattura due sudamericani coinvolti in un traffico d’armi. Haun’amante, una casa bellissima e conduce una vita agiata grazie ai soldi dellamalavita. Vittorio Caprioli interpreta un meridionale stizzoso e polemico chepresenta al comando dei carabinieri una denuncia pericolosa, ma non se ne rendeconto. Un’auto si è fermata sotto la sua abitazione, bloccando la via d’uscitae alcune persone sono scese provocando schiamazzi. Purtroppo non si sonolimitati a questo ma hanno anche ucciso un ragazzo di famiglia nobile, una cosache il meridionale non può sapere. Pascal e Mazzari chiedono a Malacarne di farscomparire la denuncia che potrebbe smascherare gli assassini. Il poliziottoentra in crisi e comprende che il giro si sta allargando, soprattutto non vuolesaperne di aiutare la mala se entrano in ballo armi e droga. “Sono sempre statopagato per favorire un traffico di caffè e sigarette” dice. “I tempi cambiano eanche i soldi che ti diamo sono aumentati…” risponde Pascal. Malacarne si trovacoinvolto in una brutta storia. Intanto ci rendiamo conto che anche illuogotenente Garrito è corrotto, perché incassa la sua parte dal commissario chegli intima di vendere il suo Ferrari, perché può far scoprire il gioco.Malacarne deve far scomparire la denuncia che inchioda i colpevoli, un attoprotocollato proprio da suo padre, maresciallo dei carabinieri vecchio stampo dotatodi grande senso morale. Il contrasto tra la fedeltà al dovere del padre el’immoralità del figlio occupa la parte centrale della pellicola, ma alla fineil carabiniere decide di consegnare la denuncia perchè venga distrutta. “Non tifar più vedere a casa mia” intima.Malacarne si mostra esitante, dubbioso, capisce di aver commesso ungesto pericoloso e che adesso non si limita a coprire due contrabbandieri. Altempo stesso, però, i due boss non si fidano più e decidono di passareall’azione nei suoi confronti, dopo aver fatto fuori il vecchio napoletano cheaveva inoltrato la denuncia. Pascal fa uccidere prima il padre di Malacarne esubito dopo la sua amante, scatenando la reazione del poliziotto che sitrasforma in una belva. Il leitmotivè tipico del cinema dileiano e ricorda la trama de La mala ordina. Malacarne uccide alcuni gregari di Pascal, poi fafuori anche il boss con l’approvazione di Mazzari, durante una riunioneorganizzata per fingere una riappacificazione. Il finale non è per nienteconsolatorio e anche il poliziotto corrotto viene ucciso dal luogotenenteGarrito, che prenderà il suo posto agli ordini del boss Mazzari. “Mi dispiace, commissario” dice. Un colpoalla nuca esplode sulla parola fine e un ralentiinterminabile mostra il dolore misto a sorpresa del commissario.
Il poliziotto è marcio è il titolo italiano del romanzo Rogue Cop di William P. McGivern (1954),dal quale deriva il film Senza scampodi Roy Rowland (1954). Di Leo prende soprattutto il titolo del romanzo ma alcunispunti ispirano lui e Sergio Donati per la costruzione della trama. Rogue Cop racconta la storia di duefratelli poliziotti, uno corrotto e l’altro onesto, che entrano in conflitto quandosi tratta di identificare l’autore di un omicidio. Il poliziotto corrotto è sullibro paga di un boss della malavita e cerca di impedire che il fratellorisolva il caso. Di Leo non si discosta molto da questo canovaccio e raccontail contrasto tra padre e figlio, il primo integerrimo maresciallo deicarabinieri e il secondo corrotto commissario di pubblica sicurezza al serviziodi due boss. Il film arriva nelle sale subito dopo Il boss ed è abbastanza in sintonia con le tematiche e la filosofiadel lavoro precedente. Non ci sono personaggi positivi - a parte il padremaresciallo - e anche qui troviamo un poliziotto corrotto interpretato da LucMerenda, anche se meno evidente del Torri/Garko che abbiamo apprezzato ne Il boss.
Le prime sequenze mostranoMalacarne come un poliziotto modello, una sorta di eroe che arresta banditi esi fa onore senza pretendere attenzione da parte dei giornalisti. Il poliziottosembra un disinteressato tutore dell’ordine che non pensa alla carriera ma soloalla tutela del cittadino. In un secondo tempo apprendiamo che è soltanto unuomo corrotto che recita una parte, pagato per coprire la malavita e loschi trafficidi caffè e sigarette. Il fatto che si lasci corrompere solo per il contrabbandodi merce innocua e non accetti di collaborare per droga e armi lo rende appenapiù simpatico, ma la corruzione resta. Il poliziotto dileiano è lontano millemiglia da quello esemplare del poliziottescoclassico. Il regista approfondisce il contrasto tra le due figure cardine dellastoria.
Il padre è un carabiniere integerrimo alle soglie della pensione, unostraordinario Salvo Randone che si cala nella parte da grande attore di teatro.Il figlio è soltanto un uomo piccolo, un poliziotto imborghesito che non credenel dovere e non se la sente di rinunciare alla vita lussuosa che conducegrazie alla malavita. Il punto più alto del melodramma è la lite con il padre,accompagnata a dovere dalla musica intensa di Bacalov. Cerco di trascriverlo amemoria. Luc Merenda: “E non facciamo ilmelodramma! Sissignore, sono corrotto! Sono un infame, un traditore! Hosessanta milioni da parte, un’amante di lusso e quando alzo la voce tutti sischiaffano sugli attenti! E allora?”. Salvo Randone: “Ti pagano? Ti seivenduto? Tu, mio figlio...”. Merenda: “Ma chi sei tu per farmi la morale? Io tiho visto leccare le scarpe per tutta la vita. Quante volte hai massacrato dibotte dei poveracci con la benedizione dei superiori? Quante prove haifabbricato per trovare dei colpevoli qualsiasi? Quanti soprusi, quantiinghippi... per un panettoncino a Natale! Pure questa è corruzione, macorruzione da fessi!”.
Alla fine il padre accetta di consegnare il documentoprotocollato, ma ormai Pascal ha dato l’ordine di farlo fuori, così come deveessere eliminata la fidanzata (una Delia Boccardo poco utilizzata). Ilcommissario si salva dalla bomba collegata al campanello di casa ma al suoposto muore un collega. Di Leo è bravo anche nellarappresentazione della morte quando gira tre feroci esecuzioni che sisusseguono in breve tempo. Vittorio Caprioli viene soffocato con un sacchettoinsieme al gatto, Salvo Randone è affogato in un naviglio e Delia Boccardoviene massacrata di botte sul letto di casa e quindi finita con il filo deltelefono legato al collo. Pare che dalla pellicola uscita nelle sale sia stataeliminata la scena in cui Merenda, accecato dalla rabbia, getta la testa diConte nel lavandino. Un finale nerissimo e imprevedibile chiude un ottimo filmche fa calare il sipario sulla prima fase dell’opera dileiana, quella degliindimenticabili noir metropolitani duri e realistici.
Il poliziotto è marcio è un poliziottesco atipico, alla di Leo, senza personaggi positivi ed èil primo film noir che non viene realizzato dalla sua casa di produzione, ma sucommissione di Galliano Juso ed Ettore Rosboch. Il film è piuttosto riuscito,visto che di Leo e Donati riescono a scrivere una storia originale e menoconvenzionale dei soliti poliziotteschiche andavano di gran moda. Prima di tutto c’è la figura del poliziotto corrotto,resa molto bene da Luc Merenda e bilanciata da quella di un padre carabiniereche ha l’espressione intensa di Salvo Randone. Nel poliziottesco classico il commissario è un eroe senza macchia esenza paura, affronta i banditi con metodi spicci e fuori dalle regole, simette contro i superiori, ma alla fine sconfigge sempre il cattivo di turno. Ilpoliziotto dileiano, invece, è marcio, corrotto fino al midollo, ma ritrova lasua dignità di uomo di fronte agli eventi tragici della vita. La morte delpadre e dell’amante, trucidati dalla mala, innescano una reazione da belva chegià avevamo visto nei film del regista pugliese. Delia Boccardo è brava nellaparte dell’amante e alla fine viene uccisa dalla mala che vuole scaricare ilsuo uomo. Il poliziotto non fa una bella fine e muore stritolato da uningranaggio di corruzione del quale lui stesso aveva fatto parte. La bravuradel regista sta nell’aver costruito una figura insolita di poliziotto, dinamicoed eroico nelle sue azioni, ma corrotto perché non sa rinunciare a fare labella vita.
Un poliziotto corrotto già lo abbiamo incontrato ne Il boss, magistralmente interpretato daGianni Garko, ma qui Luc Merenda dà vita a una figura più complessa, perché ilsuo tutore dell’ordine conserva alcuni sprazzi di eroismo e di lealtà. A suomodo Malacarne ha un codice d’onore e al momento giusto lo tira fuori e siribella. Il luogotenente Garrito, invece, è irrecuperabile e niente lo puòriscattare da un destino che lui stesso sceglie per prendere il posto diMalacarne. Garrito è simile al poliziotto corrotto interpretato da Garko ne Il boss, mentre Luc Merenda è una carognada noir che nel finale si riscatta e suscita la simpatia dello spettatore. LucMerenda si cimenta in un ruolo insolito e completamente fuori registro rispettoai poliziotti senza macchia e senza paura che aveva sempre interpretato. Questoè il suo primo film con di Leo, ma si trova bene e in seguito ne interpreteràaltri due. Tra gli interpreti merita un cenno Vittorio Caprioli, attorefeticcio del regista, che con la sua comicità napoletana stempera i momenti ditensione.
Caprioli mette in moto involontariamente tutti i meccanismi perversidella storia, solo per colpa di una denuncia per schiamazzi notturni. RaymondPellegrin è un cattivo perfetto che veste bene i panni dell’implacabile Pascal,malavitoso che ragiona a colpi di mitra e di efferati omicidi. Richard Conterappresenta la malavita in doppio petto, quella disposta a pagare e a ragionareprima di uccidere, ma che all’occorrenza elimina gli uomini pericolosi perdifendere i propri interessi. Di Leo è molto bravo anche a sottolineare ilrapporto padre - figlio, dopo che il padre ha scoperto la sua corruzione. Lamusica intensa di Bacalv sottolinea momenti commoventi e drammatici,soprattutto la delusione di un padre che per anni ha servito fedelmente loStato. Stupendo il finale con un colpo di pistola alla testa che uccide ilcommissario e la morte viene filmata lentamente, sequenza dopo sequenza, con unralenti straordinario.
Paolo Mereghetti nel suo importante Dizionarioconcede due stelle e scrive: Nellasceneggiatura del regista è evidente la volontà di dissacrare i cliché delpoliziottesco alla Maurizio Merli, costruendo un personaggio pieno dicontraddizioni e nemmeno simpatico: peccato che il racconto spesso si sfilacci,malgrado accelerazioni brutali che lasciano il segno. Concede due stelleanche Pino Farinotti, ma al solito non motiva la decisione e sintetizza latrama. Marco Giusti nel suo Stracultsi limita ad apprezzare la bellezza di Monica Monet che interpreta una parterapidissima da cronista, ma sul film non si pronuncia. Tra l’altro credo chesia uno dei pochi film da lei interpretati e non saprei neppure dire qualefosse il suo vero nome. Monica Monet è uno pseudonimo inventato da di Leo chenasconde una ragazza milanese che frequentava un corso di giornalismo. Comedire che nella pellicola finisce per recitare la parte di se stessa. Il Morandini non cita neppurel’esistenza del film e mi pare piuttosto grave, perché le omissioni cheriguardano il cinema dileiano sono numerose e incomprensibili. Pietro Bianchisu Il Giorno del 1974 rappresenta lacritica contemporanea all’uscita del film: Sitratta di un film svelto e ben ambientato a Milano e dintorni che cela un bacocome il protagonista. Non si capisce come, con tutta la carne al fuoco cheoffre la cronaca nera, il regista si sia impantanato in un groviglio pococredibile, tenebroso senza giustificazione e del tutto improbabile. Terminiamocon il parere del regista: “Credo di essere stato l’unico ad aver girato unfilm che parlasse della corruzione delle forze dell’ordine ne Il poliziotto è marcio. Il solo titoloe i manifesti irritarono il Viminale a tal punto che ricevetti telefonateminatorie da voci che a quel ministero facevano riferimento. Va da sé che forsele telefonate le fecero quelle bestie stupide e feroci conosciute comebenpensanti” (da Nocturno Cinema -Dossier di Leo).
Il mio libro sul regista edito da Profondo Rosso