IL POLIZIOTTO E' MARCIO (1974) (2025)

IL POLIZIOTTO E' MARCIO (1974) (1)

Regia/Director: Fernando Di Leo

Soggetto/Subject: Sergio Donati

Sceneggiatura/Screenplay: Fernando Di Leo

Interpreti/Actors: Luc Merenda (commissario Domenico Malacarne), Salvo Randone (maresciallo Malacarne, padre di Domenico), Richard Conte (Mazzanti), Raymond Pellegrin (Pascal), Vittorio Caprioli (cavaliere Serafino Esposito), Delia Boccardo (Sandra), Gianni Santuccio (questore), Monica Monet (Barbara, la cronista), Gino Milli (Gianmaria, il travestito), Sergio Ammirata (vice commissario), Marisa Traversi (contessa), Elio Zambuto (Rio, il portoghese), Rosario Borelli (Garrito, agente-autista), Loris Bazzocchi (killer con Pascal), Marcello Di Falco (scagnozzo di Pascal), Massimo Sarchielli (Rabal, altro portoghese), Marisa Traversi (contessa Nevio), Sergio Ammirata, Salvatore Billa, Attilio Duse, Luigi Antonio Guerra, Mario Garriba

Fotografia/Photography: Franco Villa

Musica/Music: Luis Enriquez Bacalov

Costumi/Costume Design: Giorgio Gamna

Scene/Scene Design: Francesco Cuppini

Montaggio/Editing: Amedeo Giomini

Suono/Sound: Goffredo Salvadori

Produzione/Production: Cinemaster, Mount Street Film, Mara Films, Paris

Distribuzione/Distribution: Titanus

censura: 64039 del 25-02-1974

Altri titoli: Salut les pourris

Dopo la cosiddetta ‘trilogia del milieu’ e ‘La seduzione’, nel 1974, Fernando Di Leo viene ingaggiato dalla Cinemaster di Galliano Juso e Ettore Rosbosch per la realizzazione de ‘Il poliziotto è marcio’, tratto da un soggetto di Sergio Donati. Il film si rivelerà un vero e proprio pugno nello stomaco, non tanto per le scene di violenza, che pure sono efferate, quanto per i suoi contenuti politicamente scorretti - un poliziotto che si arricchisce contrattando le prestazioni con la malavita - e un finale che lascia poco spazio a qualsiasi possibilità di riscatto.

La storia è quella del commissario Domenico Malacarne (Luc Merenda), in servizio a Milano: determinato, efficace, affascinante, Malacarne è l’elemento di spicco del comando di polizia, destinato a una rapida quanto prestigiosa carriera. Così, lo vediamo in azione, pronto a sgominare una banda di rapinatori, recuperare la refurtiva al termine di un furioso inseguimento sui Navigli in compagnia del fidato vice-commissario Garrito (Rosario Borelli), prendersi i meritati pubblici elogi dal questore (Gianni Santuccio). Ma il brillante commissario nasconde pure un suo lato oscuro: due emissari del contrabbando, Pascal (uno spietato Raymond Pellegrin) e Mazzanti (il raffinato Richard Conte) lo pagano profumatamente per non avere noie nel traffico illecito di caffè e sigarette e ora premono, a suon di milioni, per una copertura fidata anche nel traffico di armi e droga.

Gli eventi precipitano quando i due malavitosi incaricano Malacarne di sfruttare la propria posizione privilegiata per far sparire dagli archivi della polizia un esposto contenente delle informazioni compromettenti su Pascal. L’esposto effettuato giorni addietro nella caserma dei carabinieri dove presta servizio il padre di Malacarne (Salvo Randone) dal sedicente cavaliere napoletano mal trapiantato a Milano, Serafino Esposito (uno sgangherato Vittorio Caprioli), ben conosciuto in questura per la sua bizzarra abitudine di annotare targhe e querelare tutto e tutti, sembra solo l’ennesima innocua trovata di un mitomane, ma stavolta Esposito per davvero è stato testimone involontario - e inconsapevole – di un omicidio di cui Pascal si è reso responsabile e sul quale la polizia ha appena cominciato ad indagare. Malacarne si adopera a risolvere la faccenda in tempi rapidi ma la cosa non gli riesce per l’inaspettata solerzia del padre. Quando il cadavere incriminato viene scoperto, Pascal agisce d’impulso e decide di far piazza pulita di tutti gli eventuali scomodi testimoni. Anche se l’esposto è recuperato e consegnato a Pascal, ormai i suoi uomini hanno già ricevuto l’ordine di sbarazzarsi di tutti i testimoni: uno alla volta, Esposito, il padre di Malacarne, la ragazza del commissario Sandra (una dolce Delia Boccardo) vengono sterminati senza pietà. Lo stesso Malacarne scampa per miracolo ad un attentato, ma ormai il suo destino è segnato, come segnato è pure il destino di Pascal, ormai troppo compromesso. Ingranaggi rotti di un perfetto meccanismo più grande di loro, i due vengono eliminati per volere dell’organizzazione. Mazzarri li rimpiazzerà al più presto affinché tutto resti come prima e i loschi traffici possano continuare secondo l’ordine delle cose.

Questo noir metropolitano di Di Leo riprende la cinica visione de ‘Il Boss’, dove pure c’era un commissario di polizia corrotto, il Torri interpretato da Gianni Garko, ma ne assume la prospettiva da un punto di vista inedito, quello appunto del commissario corrotto: senza esitazioni, duro e diretto, fin dal titolo, Di Leo ne fa una dichiarazione programmatica d’intenti. Il regista dirà che non gli interessava trattare la questione in maniera ‘intellettualistica’ come ad esempio nell’’Indagine’ di Petri, non gli interessava fare cioè un film nevrotico, ma solo un film su ‘un poliziotto che si fotteva i soldi’.

Supportato da dialoghi efficacissimi e dall’ottima interpretazione degli attori - con Salvo Randone e Vittorio Caprioli sugli scudi - Di Leo riesce in pieno nei suoi intenti. E la violenza verbale - che spesso supera quella delle scene d’azione – trova il suo climax nel drammatico scontro tra il maresciallo Malacarne e suo figlio Domenico, un commissario ormai alle strette costretto a rivelare tutto al padre in un ultimo estremo tentativo di salvargli la pelle:

‘Tu sei un complice dei delinquenti?! Tu, mio figlio! Oh Madonna santa, ma che dici?!’

‘E non facciamo il melodramma! Sissignore, sono corrotto, sono un infame, un traditore. Ho 60 milioni da parte, un'amante di lusso e quando alzo la voce tutti si scattano sull'attenti. E allora?' '

‘Ti pagano! Ti sei vendu…venduto! Tu? Tu! Mio figlio!' '

‘Ma chi sei tu per farmi la morale? Io ti ho visto leccare le scarpe per tutta la vita...tutta una vita per diventare un maresciallo di merda! Quante volte hai massacrato di botte dei poveracci con la benedizione dei superiori? Quante prove hai fabbricato per trovare dei colpevoli qualsiasi? Quanti soprusi? Quanti inghippi per un panettoncino a Natale?! Pure questa, sì, pure questa è corruzione! Ma corruzione da fessi!'

Qui non solo collidono due generazioni e due modi diversi di vedere la vita, c’è di più: c’è il sogno di un padre – quello di vedere nel proprio figlio la realizzazione di qualcosa che da sé non si è riusciti a realizzare - che si frantuma in un istante; e c’è anche la condanna a morte di un’esistenza che giunta al capolinea, nelle dure parole di un figlio verso il padre, si rivela per quello che è stata, cioè povera e meschina. Gli occhi pieni di lacrime di Randone e il suo sguardo perso nel vuoto sono qualcosa difficile da dimenticare.

Osteggiato fin dalla sua prima uscita, il film verrà sequestrato e sparirà praticamente dalla circolazione per circa trent’anni (è del 2012 l’uscita in dvd a cura della RaRo). Inutile aggiungere che si tratta di un film imprescindibile per gli amanti del noir italiano. Ultime note conclusive: decisamente interessanti la cupa colonna sonora di Luis Bacalov e il montaggio di Amedeo Giovini; riusciti e spettacolari gli inseguimenti dell’equipe di Remy Julienne; solita comparsata di Di Leo, stavolta seduto alla cassa di un bar.

Recensione a cura di:
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